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Un cavaliere azzurro cavalca
su un campo d’oro, era il 1903, giusto un secolo fa.
Siamo ancora lontani dal 1911, dalla fondazione di Der Blaue Reiter,
ma Vasilij Kandkinskij ha già sognato questa piccola freccia
turchina. Sono anni intensi di ricerca e nostalgia, anni in cui
Kandkinskij si immerge nel mondo incantato e sublime delle favole
russe e germaniche. Negli stessi anni illustra quelle fiabe e con
i colori narra un mondo romantico e misterioso, di cavalieri puri
e tenaci con sullo sfondo il brillio di guglie e cupole sfavillanti
al sole.
Attraverso un’inusitata libertà espressiva del colore,
Kandinskij reinventa il mondo, che diventa tra le sue mani desiderio
e sogno. La pittura appartiene solo alla mente e al cuore e i colori,
perduta la loro consistenza visiva, diventano i veri elementi del
racconto. Il quadro sarà il punto di incontro tra la propria
impressione intima e quella dell’osservatore, il primo spazio
interiore della storia della pittura.
Il Cavaliere azzurro rompe con le gerarchie prestabilite, libero
e trasversale fonda nuovi valori espressivi e in pittura nasce l’astrattismo.
E’ una concezione radicale, universale, che non conosce confini,
fondata sulla vera necessità interiore e sull’affermazione
della libertà dell’uomo.
Nuovo San Giorgio, nuovo Sigfrido, Der Blaue Reiter diventa simbolo
dell’anima nuova, educata a cercare “oltre lo sguardo”.
A cento anni di distanza dal primo Cavaliere azzurro, quei valori
appaiono niente affatto mutati.
Con gli auguri di Natale e Anno Nuovo 2003, Itineraria lascia alle
parole spontanee della Werefkin sull’espressione astratta
quel sogno di estatica tenerezza “Io credo che al di là
della vanità del mondo e delle forme mutevoli, vi sia il
mondo del riposo immutabile, della verità, il mondo delle
conciliazioni verso il quale mi sento attratta con tutta l’anima”.
Maria Paola Frattolin
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